Il Vigneto Castello di Grinzane Cavour - ArnaldoRivera
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Il Vigneto Castello di Grinzane Cavour

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Il vigneto sottostante il Castello di Grinzane rappresenta uno dei più importanti e nobili retaggi della storia del Barolo.

Il maniero, la cui origine risale al XIII secolo, ottimamente restaurato, dal giugno 2014 è stato riconosciuto sito Unesco nell’ambito del Paesaggio vitivinicolo di Langhe, Roero e Monferrato. E’ sede dell’Enoteca Regionale Piemontese, di un Museo etnografico e dell’Ordine dei Cavalieri del Tartufo e dei vini di Alba. Da alcuni anni vi opera un rinomato ristorante e ogni anno vi si tiene l’Asta mondiale del Tartufo bianco d’Alba.

Le falde dell’altura su cui domina il castello sono occupate da secoli da colture a vigneto, ed è in questo luogo che nella prima metà dell’800 cominciarono ad essere sperimentate le tecniche di coltivazione e di vinificazione che portarono alla produzione del Barolo moderno, come oggi lo conosciamo.

Di ciò fu promotore il più illustre inquilino del castello, il torinese Camillo Benso, Conte di Cavour, insigne statista del regno dei Savoia e principale protagonista del Risorgimento Italiano. Cavour, appassionato di agricoltura, fin dalla giovinezza risiedette a più riprese a Grinzane, dove agì anche in stretta collaborazione con la vicina famiglia dei Marchesi Falletti di Barolo.

La presenza e l’importante opera compiuta in questi luoghi dal Conte portò gli abitanti alla decisione di aggiungere al nome Grinzane quello del celebre concittadino.

Nel 1932 il castello e la proprietà adiacente vennero donati dall’ultima erede di Cavour al comune di Alba, di cui Grinzane in quel tempo era divenuta frazione. Dal 1979 la proprietà e la sua amministrazione sono condivise tra il comune di Alba e quello di Grinzane Cavour, tornata nel frattempo comune autonomo.

 

L’IMPORTANTE OPERA
DEL CONTE DI CAVOUR A GRINZANE (1830-1849)*

Tuminello,_Lodovico_(1824-1907)_-_Cavour
Lapide_Ricordo_Cavour

Camillo Benso (Torino, 1810–1861), di nobile famiglia, entrò a dieci anni nell’Accademia militare di Torino, dove acquisì una solida istruzione: dotato di viva intelligenza, si distinse particolarmente nelle discipline scientifiche, nella matematica, ma anche nella chimica e nella fisica, competenze queste che gli sarebbero state preziose nella sua attività di studio e di gestione in campo agricolo.
Poco incline a sottostare al rigido clima politico e culturale della Torino di re Carlo Felice, all’età di vent’anni venne inviato dal padre a Grinzane ad amministrare la tenuta della famiglia, che comprendeva il castello e circa 200 ettari di campi, prati e vigne. A questa attività il giovane conte si dedicò con impegno e intraprendenza, mettendo subito in azione le sue spiccate e poliedriche capacità.

 

Dopo appena due anni dal suo arrivo Cavour venne nominato sindaco del piccolo centro, e conservò tale carica fino al 1849, pur risiedendo per lunghi periodi in città e altrove (dal ’50, chiamato al Governo del Regno sabaudo, si trasferirà definitivamente a Torino).
Nella proprietà di Grinzane il Conte si dedicò con passione a conoscere e sperimentare le diverse tecniche di coltivazione e riservò particolare attenzione, nelle cantine del castello, ai metodi di vinificazione delle uve delle proprie vigne. Convinto che l’attività agricola non è una cosa statica, ma che può essere migliorata e innovata, arricchì e approfondì le proprie conoscenze anche attraverso alcuni viaggi all’estero, in particolare in Francia e in Inghilterra.

 

Nel 1835 cominciò a gestire anche un’altra tenuta di famiglia, ben più estesa di quella di Grinzane, a Leri, nel Vercellese, dove si concentrò in particolare sulla coltura del riso. Fece arrivare dall’America nuove sementi immuni da malattie allora diffuse, e sarà lui, nel ’52, da Primo Ministro del Regno, ad avviare nel nord-est del Piemonte la realizzazione di un’opera fondamentale per l’irrigazione di quei territori, il canale che porta appunto il suo nome, ancor oggi la più grande opera di ingegneria idraulica mai compiuta in Italia.
Altrettanto rilevanti furono le numerose iniziative da lui promosse in vari ambiti nella tenuta di Grinzane. Avviò sperimentazioni di successo sul trifoglio come pianta da foraggio e in rotazione con i cereali. Diede impulso all’utilizzo e al commercio dei concimi, in particolare del guano del sud America, i cui pregi erano fino ad allora quasi sconosciuti. Si interessò alla coltivazione dei gelsi e all’allevamento dei bachi da seta, dei cui bozzoli c’era ad Alba un importante mercato. In un territorio in cui era prevalente la cerealicoltura, provò a coltivare barbabietole da zucchero e a piantare noci, alberi molto redditizi per il legno e l’olio.

 

Ma meriti davvero rilevanti vanno riconosciuti a Cavour nel campo della viticoltura e della vinificazione. Grazie anche dalla sua esperienza internazionale, il Conte operò con lungimiranza in questo settore, dando un contributo fondamentale al miglioramento e alla diffusione del Barolo, che assurgerà in quegli anni al rango di “vino dei re, re dei vini”.

Al suo arrivo nella tenuta di Grinzane il giovane Cavour comprese presto le potenzialità naturali del territorio e in particolare della viticoltura. Decise perciò di incrementarla, promuovendone la collocazione sulle parti collinari e solo sui versanti maggiormente esposti. Come sappiamo, prima di lui in questa località erano già presenti vigneti, ma non si prestava attenzione alla produzione di vini di particolare qualità. Cavour chiamò ad affiancarlo nella sua azione il generale Paolo Francesco Staglieno, esperto agronomo ed enologo, conosciuto per la sua grande competenza. Non a caso Staglieno verrà in seguito scelto dal re Carlo Alberto per dirigere le cantine della tenuta reale dell’Agenzia di Pollenzo, in quel tempo il più importante luogo di sperimentazione agricola ed enologica del Regno.

Lo Staglieno, considerato dagli studiosi il precursore della nuova enologia piemontese, migliorò notevolmente le procedure di vendemmia e affinò i processi di fermentazione e vinificazione, ottenendo importanti risultati qualitativi e un notevole aumento delle vendite di vino.

Nella tenuta si vinificavano allora insieme al nebbiolo anche dolcetti e bianchi e venivano prodotti anche vermouth e grappa.
Ma il desiderio di Cavour era di arrivare a creare un vino elevabile allo stesso rango dei vini Bordeaux e di Borgogna, allora molto in voga, un vino che fosse possibile anche esportare e far conoscere al mondo.
A questo scopo il Conte avviò una proficua sinergia con un altro personaggio fondamentale nella storia del re dei vini: la Marchesa Giulia Colbert Falletti di Barolo, sua contemporanea, anche se di età più avanzata, e sua conterranea, sia a Torino che in Langa. La Marchesa era l’ultima erede della ricca famiglia dei Falletti, Signori di Barolo e proprietari in quel luogo di importanti vigneti e di cantine ancora oggi famose.

 

Prima dell’arrivo del Conte e della Marchesa il Nebbiolo di quelle terre si presentava come un vino chiaretto, abboccato e di scarsa conservabilità. I due nobili signori, seppure di caratteristiche personali assai diverse, potevano contare su un’amicizia sorta nei salotti della capitale. Fu quindi agevole per Cavour proporre alla Colbert Falletti di collaborare ad un’impresa che, valorizzando il prodotto più pregiato delle loro tenute, avrebbe potuto soddisfare il giusto orgoglio di lui e nel contempo portare a lei copiose risorse da destinare ai poveri, ai quali la Marchesa, d’accordo col marito prematuramente scomparso, aveva deciso di indirizzare tutti i propri beni.

Per raggiungere il loro scopo i due Signori si avvalsero della consulenza di un noto enologo e commerciante d’oltralpe, il Conte Louis Oudart (Maison Oudart et Bruché, Genova). Costui suggerì l’introduzione di nuovi processi di fermentazione e di un prolungato affinamento in legno, che portarono alla produzione di un vino di prestigio e dalle grandi potenzialità, trasformando il Barolo in un grande vino secco, in grado di durare nel tempo e di rivelare al meglio le proprietà tipiche del suolo e del vitigno.

Il Conte seguiva attentamente i vari momenti della produzione e verificava di persona la qualità dei vini. Il successo che ne seguì fu tale che Cavour decise di convertire alla produzione di questo nuovo vino le cantine del castello, e in poco tempo il suo Barolo si assicurò fama e futuro, arrivando a competere con i migliori prodotti di Francia.

Non vanno con questo dimenticate importanti iniziative collaterali che il Conte mise in atto in quegli anni nelle vigne di Grinzane, come l’impianto sperimentale di nuovi vitigni, anche stranieri, l’impulso allo studio della composizione dei terreni (ne mandò ad analizzare a Torino allo scienziato Angelo Sismonda per capire come arricchirli) e la conseguente attenzione alle tecniche di concimazione, di cui già si è detto, per cui fondò a Torino una ditta chimica (Rossi Schiaparelli). Non ultimo l’importante successo ottenuto nella lotta all’oidio (crittogama dell’uva), che stava cominciando a manifestarsi allora in Piemonte: Cavour, già Ministro, incaricò della ricerca la Reale Accademia di Agricoltura, che individuò come efficace trattamento, tutt’ora valido, l’uso dello zolfo.

 

La lunga e ricca esperienza sul campo portò Cavour ad essere nominato nel 1850 Ministro dell’Agricoltura del Regno di Sardegna. Appena due anni dopo verrà chiamato a Capo del Governo, nel cui ruolo sarà per un decennio protagonista e guida lungimirante della grande epopea che condusse all’unità dell’Italia (1861).

 

La salma di Cavour, scomparso repentinamente in quello stesso anno, riposa nella monumentale tomba di famiglia a Santena. Il castello di Grinzane conserva del Conte la camera da letto e una significativa raccolta di cimeli.

IL VIGNETO OGGI

 

Luogo di ricerca ed eccezionale patrimonio paesaggistico e ambientale della Langa del Barolo, il vigneto Castello viene oggi gestito dalla Scuola Enologica ”Umberto I“ di Alba e Grinzane e messo a disposizione dei giovani studenti e futuri enologi ed agronomi di questo territorio.

 

Fin dal 1973 la Scuola Enologica è anche socio conferitore della cooperativa Terre del Barolo. Questo rapporto ha fatto sì che le uve di questa vigna speciale fossero negli anni valorizzate sul mercato, contribuendo a diffondere il nome di uno dei villaggi storici del Barolo, come Grinzane, tra gli appassionati di tutto il mondo.

 

Nel 2010 al Barolo di questo vigneto viene riconosciuta ufficialmente dal Ministero dell’Agricoltura la Menzione Geografica Aggiuntiva ”Castello“.
Nel 2013 nasce il progetto ArnaldoRivera, e il nuovo protocollo di produzione, volto a valorizzare l’eccellenza di questo sito, viene applicato ad una particella scelta nel versante sud-ovest del cru, di circa 5000 m².

 

* Le notizie su Cavour sono tratte in buona parte dal volume Camillo Cavour e l’agricoltura, a cura di Silvia Cavicchioli, Torino 2011, ed. Carocci.